Grazia Deledda, la prima italiana a ricevere il Nobel per la letteratura

Grazia Deledda, straordinaria scrittrice sarda, è stata la prima italiana e la seconda donna a vincere il premio Nobel per la letteratura.
La giovinezza

Grazia Deledda
Grazia Deledda nacque a Nuoro il 28 settembre 1871 in una famiglia benestante ma severa. Inizialmente frequentò la scuola locale, ma dopo la quarta elementare proseguì la sua istruzione in casa, prima con un precettore, poi da autodidatta.
La sua passione per la letteratura, dimostrata sin da giovanissima, le fece comprendere che desiderava qualcosa di diverso dall’essere ingabbiata dai soli ruoli di moglie e madre, quello che davvero voleva era scrivere. La famiglia, com’è facilmente deducibile, non la prese per niente bene: quello di Grazia era un vero e proprio tradimento. Molto presto, tuttavia, i Deledda dovettero preoccuparsi di problemi ben più gravi di quella figlia ribelle: uno dei suoi fratelli divenne alcolista, l’altro fu arrestato per dei furti. Nel giro di pochi anni morirono il padre e la sorella di Grazia, tutti eventi che hanno certamente influenzato la sua produzione letteraria.
Sangue Sardo

Canne al vento
La carriera artistica della Deledda iniziò nel 1888, con la pubblicazione dei racconti Sangue Sardo – la realtà della sua isola sarà sempre uno dei temi centrali di Grazia – e Remigia Helder. Seguirono poi dei romanzi pubblicati a puntate su riviste e quotidiani. La sua carriera continuò con un libro di novelle per ragazzi, la collaborazione a diverse riviste e con la pubblicazione del saggio Tradizioni popolari di Nuoro in Sardegna. Nel 1896 uscì La via del male, che ebbe il plauso di Luigi Capuana e l’anno successivo vide la luce la raccolta di poesie Paesaggi sardi. Trasferitasi a Cagliari, nel 1900 sposò Palmiro Madesani, funzionario statale che abbandonò il proprio lavoro per divenire agente letterario della talentuosa moglie. I due, successivamente, si spostarono a Roma.
Il Nobel

Nuoro, casa di Grazia Deledda
Di Sailko – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=96255428
Nel 1903 Grazia pubblicò Elias Portolu, che la consacrò definitivamente e a cui seguirono diversi romanzi e opere teatrali. Del 1913 è Canne al vento, considerato il suo capolavoro e il manifesto del verismo sardo.
Il 10 dicembre 1927 Grazia Deledda divenne la seconda donna (dopo la svedese Selma Lagerlöf) e la prima italiana a vincere il Nobel per la Letteratura. Una piccola curiosità: le fu dato il premio Nobel del 1926, che non era stato assegnato a nessuno, quello del 1927 fu invece conferito al francese Henri Bergson.
Nel 1936 un tumore al seno la portò via e venne sepolta nel cimitero del Verano a Roma. Nel 1959 le sue spoglie furono traslate nella chiesetta della Madonna della Solitudine di Nuoro.
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Eleonora Di Arborea e La Carta De Logu

Seicento anni prima della promulgazione della nostra bella costituzione, in Sardegna era stato vergato un codice di leggi straordinariamente moderno e illuminato. Si chiamava Carta de Logu e doveva moltissimo alla lungimiranza di una donna: Eleonora di Arborea.
Arborea a i tempi di Mariano IV
Al tempo di Eleonora la Sardegna era divisa in 4 parti indipendenti l’una dall’altra conosciute come giudicati: Torres, Arborea, Gallura e Cagliari. Nel 1297 il papa diede un terribile colpo all’autonomia di questi luoghi, donandoli come feudi a Giacomo II, re d’Aragona, e determinando quindi l’inarrestabile sottomissione dell’isola da parte degli spagnoli. Il giudice di Arborea, Mariano IV dei de Serra Bas, non si rassegnò alla sudditanza e si ribellò nel 1353 con lo scopo di riunire tutti i territori sardi e di dar loro dignità di provincia aragonese. I sardi non dovevano diventare dei semplici vassalli.

Nozze di Eleonora d’Arborea e Brancaleone Doria (di Antonio Benini, 1835-1911)
La figlia di Mariano era per l’appunto Eleonora, nata a Molins de Rei all’incirca nel 1347, che nell’ottica di combattere la potenza straniera aveva sposato (prima del 1376) Brancaleone Doria, un nobile di origine genovese che possedeva vasti territori in Sardegna.
Mariano era morto nel 1375 e il giudicato di Arborea era passato nelle mani del suo primogenito, Ugone III.
Nel 1382 Eleonora si trasferì a Genova, dove riuscì a legare la famiglia del doge alla sua elargendo un prestito di 4.000 fiorini d’oro. Sul contratto vi era una postilla che stabiliva che Federico, primogenito di Eleonora, avrebbe dovuto sposare la figlia del doge, Bianchina. Le nozze non avvennero mai a causa della prematura morte di Federico, ma questo patto pose comunque le basi per l’alleanza tra la Sardegna e Genova
Giudicessa di Arborea

Eleonora di Arborea
Nel 1383 Ugone III e la sua unica erede furono assassinati durante una rivolta popolare ad Oristano. Eleonora di Arborea si affrettò a tornare in patria per sedare le ribellione mettere al potere il suo primogenito. Era particolarmente importante che il re di Aragona riconoscesse Federico come successore di Ugone, quindi Brancaleone Doria si recò personalmente a Barcellona per incontrare re Pietro IV. Brancaleone, però, fu arrestato e portato a Cagliari come ostaggio. Sarebbe stato liberato solo nel 1390.
Eleonora non si arrese e non si fece piegare. L’antico rito religioso sardo permetteva alle donne di succedere ai parenti maschi, quindi la donna si dichiarò giudicessa di Arborea e prese il posto di reggente nel nome del figlio minorenne. I villaggi del territorio del giudicato le giurarono presto fedeltà e per Pietro IV fu l’ultima goccia: era guerra.
La giudicessa tuttavia preferiva le vie diplomatiche a quelle belliche e nel 1385 arrivò ad Arborea il rappresentate del trono Aragonese, Pietro IV. Le estenuanti trattative durarono quasi tre anni e videro la conferma di Federico come governante di Arborea. La reggenza venne nominalmente affidata al padre, che era ancora prigioniero, ma de facto il potere era nelle mani di Eleonora.
La Carta de Logu

Albero Eradicato del Giudicato di Arborea
La donna decise di abbandonare completamente l’autoritarismo del fratello, che gli era per altro costato la vita, e di ispirarsi al governo paterno. Il più notevole apporto di Eleonora di Arborea fu l’aggiornamento della Carta de Logu (carta del luogo), un codice di leggi già promulgato dal padre, con una serie di modifiche che lo misero alla base del concetto di stato di diritto: tutti dovevano conoscere le regole e tutti erano tenuti ad osservarle. Le norme, scritte in lingua logudorese per poter essere comprese da chiunque, mostravano una incredibile modernità, inasprendo ad esempio le pene per chi appiccava incendi e per gli stupratori. La Carta rimase in vigore fino al 1827, quando fu sostituita dal Codice Feliciano.
Ancora guerra
La pace faticosamente costruita non era destinata a durare. Nel 1391 Brancaleone diede il via ad una campagna militare che portò a riunire quasi tutta la Sardegna in unico regno. Gli Aragonesi, inizialmente sconfitti, ebbero però la loro riscossa a causa di un nemico invisibile che minò le difese sarde: la peste.
Negli ultimi anni la giudicessa si ritirò dalla politica e lasciò il governo a Brancaleone e al figlio Mariano, successore di Federico, che tuttavia avrebbero avuto tra loro tremendi dissapori.
Eleonora di Arborea morì nel 1404. Il giudicato passò nelle mani di Mariano, che perì nel 1407 lasciando il potere al suo parente più prossimo, Guglielmo III di Narbona. Dopo alcune pesanti sconfitte subite dal re di Sicilia che rappresentava la corona aragonese, Guglielmo decise di rinunciare ai propri diritti in favore di re Alfonso V il Magnanimo in cambio di 100.000 fiorini d’oro.
Il 17 agosto 1420 moriva il giudicato di Arborea.
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