L’alba di domani (2011)

L’alba di domani (2011)

L’alba di domani (2011)

Quella notte villa Alfieri risplendeva dei gioielli che luccicavano sotto la luce delle lampade ad etilene. Margherita guardò con soddisfazione il salone gremito, cullata dalle note del valzer e dal tintinnio dei bicchieri. Era la serata di chiusura della stagione mondana e l’onore e il prestigio di ospitarla sarebbero spettati ad una famiglia più in vista della sua e ad una padrona di casa più matura, ma lei aveva fatto di tutto per ottenere quel privilegio ed era riuscita nel suo intento.  Poco più che ventenne, Margherita Alfieri era una donna forte, decisa e intelligente e aveva capito che i rapporti sociali erano estremamente importanti per incrementare gli affari di famiglia.

Dopo che il vaiolo si era portato via i loro genitori era rimasto suo fratello Andrea ad occuparsi della banca di famiglia e lei aveva esercitato su di lui ogni possibile pressione affinché si convincesse a spostare i loro affari a Roma, la nuova capitale del Regno d’Italia. Erano partiti in sordina ma pian piano l’impresa si era trasformata in un successo: Andrea era bravo a gestire il denaro, Margherita era brava a procurarsi amicizie e clienti influenti.

Suo fratello era sempre stato un uomo calmo, pacato, noioso addirittura, finché tre mesi prima qualcosa era cambiato e quel cambiamento aveva un nome, si chiamava Lidia Salviati. Era bella Lidia, di una bellezza eterea, quasi angelica, aveva gli occhi innocenti e l’aria di chi si fida di chiunque. Ora lei e suo fratello stavano ballando, felici e sorridenti e Margherita non poté fare a meno di sorridere a sua volta, almeno finché il suo sguardo non si spostò sulla figura che stava appoggiata vicino alla finestra e che guardava la coppia con il suo stesso interesse ma con molta meno benevolenza.  Simone Del Duca era il tipico uomo per cui le donne perdevano la testa ed era troppo abituato ad ottenere quello che voleva per accettare un rifiuto con buona grazia.

Era cominciato tutto ad una festa data proprio a casa Salviati. Simone si era messo al pianoforte e aveva cantato per lei. Era stata una canzone dolce, struggente, resa ancora più bella dalla sua splendida voce. Quel canto aveva ammaliato più di una donna quella sera, ma non Lidia. Lei lo aveva ascoltato con un sorriso di circostanza sul volto, lo aveva ringraziato e poi non lo aveva più degnato di uno sguardo. Lui non si era arreso e aveva ripetuto la sua serenata nell’evento mondano seguente. La canzone era stata ancora più appassionata, ma la reazione era stata la stessa della festa precedente.

Lidia lo aveva respinto ancora e ancora e quando quella sera lei lo aveva rifiutato per l’ennesima volta, Margherita aveva temuto una scenata, invece Simone aveva incassato il colpo a denti stretti ed era uscito dalla sala. Era convinta che fosse andato via e non si era aspettata di vederlo ricomparire. Si ritrovò a sperare ardentemente che non avrebbe causato guai. Si riscosse dai suoi pensieri quando il figlio minore del conte Doria la invitò a danzare. La corteggiava da mesi ormai, Margherita era più che consapevole che il vero oggetto del corteggiamento era il suo patrimonio, ma in fondo non le importava, Riccardo era una persona mite e gentile e in fondo le piaceva, sarebbe stato sicuramente un marito migliore di molti altri. Lasciò che la conducesse in mezzo alla sala e rimase a volteggiare a lungo tra le sue braccia.

Non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato quando sentirono gridare. Era stato un grido profondo, animalesco, che aveva improvvisamente pietrificato tutti i presenti. Erano rimasti immobili come statue di marmo e l’orchestra aveva improvvisamente taciuto. Non c’erano più note di valzer di sottofondo quando i convitati si riscossero e corsero verso la balconata come un solo uomo. Margherita fu la prima a uscire. Riccardo tentò di bloccarla, ma lei corse da suo fratello e lo abbracciò incurante del sangue che le imbrattava il vestito.

“Cosa è successo?” Cercò di riscuoterlo, ma lui non le rispondeva, i suoi occhi vitrei continuavano a vagare dal corpo di Simone del Duca al volto insanguinato di Lidia, un volto sfregiato da un uomo che non aveva potuto averla. Improvvisamente era diventato tutto molto confuso. Un medico presente al ricevimento aveva soccorso e medicato la ragazza e qualcuno era andato ad avvertire le guardie. Margherita era sconvolta, ma si impose di riprendere il controllo di sé. Dedurre ciò che era accaduto non era stato difficile, Simone aveva aggredito Lidia e l’aveva sfigurata, Andrea era intervenuto per difenderla e avevano lottato. Fino alla morte.

Prima che lo portassero via, Andrea aveva pronunciato una sola frase. “E’ stato per lei.” Da quel momento in poi non aveva più parlato.

L’alba di domani (2011)- Parte II

Margherita si riscosse improvvisamente dall’incubo. Erano passati quasi trent’anni da quella notte, ma ultimamente quei sogni la tormentavano. Si alzò pian piano dal letto cercando di non svegliare suo marito. Prima di uscire dalla stanza si mise la vestaglia e gli rivolse un ultimo sguardo. Quando la sua vita era andata in frantumi Riccardo si era rivelato un uomo degno di essere definito tale, le aveva dato fiducia e sostegno e aveva impedito che lei perdesse tutto ciò che aveva. Fino ad allora aveva pensato che a lui importasse solo dei suoi soldi, invece Riccardo aveva dimostrato di tenere a lei e continuava a dimostrarlo ogni giorno.

Si chiuse la porta alle spalle e scese al piano inferiore. Si accorse subito di non essere sola, seduto sull’ampia poltrona, immobile a fissare il vuoto c’era suo fratello. Il tempo e la prigionia non erano stati clementi con lui e ora sembrava molto più vecchio di quanto fosse. Lo avevano rilasciato da poco più di una settimana e non si era ancora riabituato alla vita al di fuori della prigione. Era sopravvissuto in quei trent’anni perché era un uomo forte, ma era comunque profondamente segnato, devastato. Dal giorno dell’omicidio di Simone del Duca non aveva più pronunciato parola, Margherita sperava che il ritorno a casa lo avrebbe sbloccato, ma Andrea conservava il suo ostinato silenzio.

Lei gli si sedette accanto e gli prese la mano e lui la strinse.

“Nemmeno tu riesci a dormire?”

Lui scosse la testa.

“Nemmeno io. Ho sognato la festa stanotte.”

Andrea si irrigidì per un istante poi, per la prima volta da trent’anni, parlò.

“Ho rischiato di distruggere anche la tua vita quella notte. Perdonami.”

Lei sentì il cuore mancarle un colpo e gli strinse più forte la mano.

“Hai fatto ciò che ritenevi giusto e non ti biasimo per questo.”

“Dovresti. E’ ora che tu ascolti quello che è accaduto dalle mie labbra.”

“Non è necessario, so bene ciò che accadde.”

“No, tu non lo sai. Nessuno lo sa, solo io e Lidia.”

Tacque per un istante, rapito dal ricordo.

“Lidia. Nessuno mi ha mai detto cosa ne è stato di lei, non so nemmeno se sia ancora viva.”

“É viva. La ferita che Simone le inferse era profonda e finì col perdere la vista dall’occhio sinistro. Una volta guarita fu praticamente costretta a prendere i voti. La vita è stata ingiusta con lei, profondamente ingiusta, era così bella e così innocente…”

Margherita si interruppe turbata dal lampo di rabbia che aveva visto balenare negli occhi del fratello.

“Sai- la voce di lui si era fatta improvvisamente fredda, come se raccontasse qualcosa che non lo riguardava affatto- quella notte c’era la luna piena, il tempo era mite e sul terrazzo arrivava il profumo dei gelsomini del giardino. Era tutto perfetto. Io e Lidia parlavamo piano fino a che vinsi ogni paura avvicinai la mie labbra alle sue. Stavo per baciarla quando arrivò lui, Simone del Duca, ci vide abbracciati e rise, una risata forte, spontanea, piena di derisione. Gli dissi di andare fuori da casa mia, ma lui continuava a fissarmi con aria divertita. Sono passati tanti anni eppure ricordo ancora perfettamente la sua espressione di scherno mentre mi diceva che Lidia era stata sua, fin dalla prima notte in cui aveva cantato per lei, che lei lo aveva rifiutato così platealmente solo per salvare la sua reputazione, ma, a festa finita, lo aveva incontrato nel giardino e gli si era data.

Io non gli credetti, ma quando mi volsi a guardare Lidia e vidi la colpa dipinta sul suo volto, mi resi conto di essere stato uno sciocco. Lei mi implorò di perdonarla, che era stata innamorata di lui ma ora non voleva altri che me, si aggrappò al mio braccio ma la spinsi via. Si avvicinò di nuovo e io la schiaffeggiai, facendola cadere a terra e Simone tirò fuori il pugnale. Lottammo per pochi istanti. Non so nemmeno io come accadde, ma mi ritrovai a stringere il coltello tra le mani e ad affondarglielo nella gola Quando Lidia gridò mi voltai verso di lei e la colpii al volto. Fu solo quando vidi il sangue che le inondava il viso che mi resi conto di ciò che avevo fatto.”

Andrea si prese il volto tra le mani e tacque. Margherita era troppo sconvolta per pronunciare una sola parola. Per tanti anni aveva creduto che Simone del Duca fosse un essere mostruoso e che suo fratello fosse una sorta di eroe che aveva compiuto una follia per amore. In quella storia invece non c’erano eroi, non c’erano innocenti fanciulle in pericolo e non c’erano cattivi astiosi e rancorosi che si accanivano contro di loro. In quella storia c’erano un uomo reso folle dalla gelosia, una donna sciocca e un uomo arrogante, le tre figure da tragedia erano ritornate tristemente, pateticamente umane.

Margherita fece per alzarsi, ma Andrea la trattenne.

“Voglio andare da lei, io devo chiederle perdono, ti prego accompagnami da lei.”

Avrebbe voluto schiaffeggiare suo fratello, a causa sua aveva rischiato di perdere ogni cosa, ma alla fine la pietà ebbe il sopravvento sulla rabbia.

“Domattina andremo al convento di Santa Elisabetta.”

Si sciolse dalla stretta di lui e si avviò lungo le scale.

A Margherita non piaceva l’atmosfera che c’era a Santa Elisabetta, la trovava greve, opprimente. Quando lei e Andrea bussarono alla porta della superiora, si aspettava di trovarsi davanti una donna dallo sguardo freddo e severo, ma così non fu. Suor Caterina aveva un’aria energica, ma allo stesso tempo materna. Ascoltò con pazienza mentre Andrea esponeva i motivi della sua visita con brutale sincerità e, quando lui tacque, rimase alcuni istanti ad osservarlo in silenzio. “Chiederò a suor Chiara, è questo il nome che Lidia ha preso quando è entrata qui, se vuole parlarvi. É dovere cristiano perdonare, ma io non le imporrò di farlo. Attendetemi qui, andrò io stessa a parlarle.”

La superiore ritornò dopo un tempo che a Margherita parve un’eternità. Non era sola, con lei c’era un’altra monaca col viso coperto da un velo.

“Suor Chiara ha accettato di parlare con voi signor Altieri- poi si rivolse a Margherita- Venite signora Doria, lasciamoli soli.”

Lei la seguì, chiudendosi la porta alle spalle.

Lidia rimase muta e immobile di fronte ad Andrea, altera e impenetrabile, poi, con lentezza studiata, si scoprì il viso. Andrea sobbalzò alla vista dell’occhio cieco e dello spesso cordone di tessuto cicatriziale che le solcava la guancia, avrebbe voluto distogliere lo sguardo, ma ne era incapace: davanti aveva la cruda testimonianza della sua colpa e la sua coscienza lo costringeva a guardare.           “Perché sei qui?” La voce di lei risuonò dura, metallica, molto diversa da quella vellutata e carezzevole che Andrea ricordava. “Per chiedere perdono? Il mio voto mi impone di dartelo, come mi ha imposto di ingoiare tanti altri bocconi amari, ma questa volta non seguirò né doveri né regole.”

“Non lo hai fatto nemmeno allora ed è per questo che entrambi siamo stati puniti. Sono qui non solo per chiedere il tuo perdono, ma anche affinché tu chieda il mio. Siamo stati l’uno l’artefice della rovina dell’altro.”                                                  L’unico occhio sano di Lidia scintillò di collera.

“Vattene e non tornare.”

Andrea sospirò. “Vorrei che potesse essere tutto così semplice. Tutto questo è iniziato da trent’anni e sono venuto qui per porvi fine.”

La spinse contro il muro e la baciò, lei cercò di divincolarsi, ma inutilmente, poi d’improvviso smise di muoversi.

Quando la lasciò andare lei rimase appoggiata alla parete scossa dai tremiti.

“É il bacio che non sono riuscito a darti allora.”

Lei continuava a guardarlo ansimante, incapace di proferire parola.

“Doveva andare tutto diversamente, amore mio. Tu non avresti dovuto tradirmi e io avrei dovuto essere in grado di controllarmi. Saremmo stati felici insieme e per la nostra infelicità non possiamo biasimare altri che noi stessi. Avrei cantato anche io per te, sai? Al banchetto di nozze. Avrei usato la musica del valzer, che tu amavi tanto, e avrei scritto versi sulla bellezza dei tuoi occhi. Ti ho amata da morire e tu hai calpestato il mio amore per un attimo di lussuria. Ora i tuoi occhi non brillano più come allora, la tua bellezza è sfiorita…che cosa ti è rimasto? Solo il rimpianto per ciò che hai gettato via.”

Andrea le si avvicinò e prese la mano di lei tra le sue.

“Per trent’anni ho atteso di essere liberato e ora non so che farmene della libertà.

Non c’è più niente per me a questo mondo, non so più nemmeno come si fa a vivere una vita normale, sono solo un peso per mia sorella. Questa notte porrò fine a tutto, ho pagato un servitore affinché mi procurasse alcune fiale di veleno. Mi ha portato della cicuta, dicono che uccida in fretta.”

Quando lui ritrasse la mano, Lidia rimase imbambolata a fissare la boccetta di vetro che le aveva lasciato sul palmo.

Andrea si diresse verso la porta e prima di andare via le disse soltanto:

“Dovremmo morire insieme amore mio, sarà la nostra punizione e la nostra consolazione. L’alba di domani non ci appartiene.”

 

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